Perchè non educare i bambini alla Poesia ? Ma un concetto non scolastico di poesia,che contempli il gioco, la danza delle parole, la lettura, l'ascolto semplicemente. Non imporre di doverle imparare a memoria, ma seminare piccole poesie, di tanto in tanto... Sono certa che i bambini le raccoglieranno, forse non tutti, anzi sicuramente pochi di loro, forse non subito, magari salteranno fuori dopo tempo immemore, ma quel Seme avrà prodotto una minuscolo germoglio senza cui la vita non potrebbe essere così Verde come dovrebbe... Io vi propongo una mia poesia giocosa che è in tema, possiamo dire che questa è una semina al contrario per invitare a mettere in discussione gli insegnamenti, per invitare a dubitare, a leggere da ogni verso, a porsi qualche riflessione...
palindromopoiesi
(palindromo a lettere minuscole)
"eran i mesi di seminare" anche le minuscole possono stare al principio è un diritto negato non poter presenziare alla divinità del nome alla nascita di un nuovo capitolo alla grammatica sgrammaticata delle persone perchè non c'è fine e non c'è inizio puoi leggere le lettere da ogni verso ma sempre resta il nesso che se non afferri ciò che la parola contiene puoi leggere e scrivere in ogni lingua senza mai aver piantato un seme...
(valentina meloni)
Seminare è la mossa-base dell’arte di educare. Educare, infatti, è una lunga pazienza: oggi si getta un seme…domani si raccoglierà. Perchè ? Pensiamo a quanto è potente un seme, non metaforico stavolta ma reale... Hanno trovato in Egitto chicchi di grano risalenti ai tempi dei faraoni; qualcuno li ha seminati: dopo pochi mesi ondeggiavano spighe ripiene di ottimo frumento!
Un genitore, un educatore questo fa...
Semina fin dai primi giorni della vita del figlio.
Semina l’amore perché senza amore non si vive.
Semina il coraggio perché la vita è sempre in salita.
Semina la speranza perché la speranza è la spinta per continuare.
Semina l’ottimismo perché l’ottimismo è il motorino d’avviamento di tutto.
Semina un buon ricordo perché un buon ricordo può diventare la maniglia a cui aggrapparsi nei momenti di sbandamento.
Kahil Gibran (1883-1931) lo sapeva bene quando affermò:
“La tempesta è capace di disperdere i fiori, ma non è in grado di sradicare i semi”.
Al poeta libanese fa eco il grande scrittore russo Feodor Dostoevskij (1821-81):
“Occorre solo un piccolo seme, un minuscolo seme che gettiamo nell’animo
di un uomo semplice ed esso non morirà, ma vivrà nella sua anima per tutta la vita,
resterà nascosto in lui tra le tenebre, tra il lezzo dei suoi peccati,
come un punto luminoso, come un sublime ammonimento”.
San Bonaventura (1217-1274) invece diceva:
“Il merito non sta nel raccogliere molto, ma nel seminare bene”
Chi getta semi al vento farà fiorire il cielo!
Così recita lo slogan della poesia d'assalto
E noi cosa seminiamo, dove? Come educhiamo i nostri bambini? Riusciamo a sapere di cosa hanno bisogno? Abbiamo gli strumenti per farlo? Sappiamo andare anche fuori delle regole per farlo? Se è vero che educare è arte da imparare. L’istinto non basta: è meglio documentarsi. L’ideatore del ‘Telefono azzurro’ Ernesto Caffo sostiene che “un adulto non diventa genitore automaticamente: è un processo mentale che richiede tempo”.Genitori non si nasce assieme al figlio ma si diventa con la sua crescita. Marcello Bernardi (1922-2001), famoso pediatra del secolo scorso, ci manda a dire che “diventare genitori non è obbligatorio. Ma quando uno lo diventa deve darsi una bella regolata e stare attento a quello che fa!”.E poi ancora“Il bambino non è un animaletto da addomesticare. Insegnargli a fare riverenze, smorfie, salutini, è ridicolo ed inutile. Non manchiamogli di rispetto. Anche se piccolissimo ha la sua dignità”. Da quale parte cominciare dunque? Dal seme e poi? Facciamo un piccolo decalogo del buon educatore-seminatore, quale fasi deve affrontare? Eccole qui 1: Seminare. 2: Tifare. 3: Aspettare. 4: Amare. 5:
Parlare. 6: Risplendere. 7: Comandare. 8: Rallegrare. 9: Far faticare.
10: Sbagliare. 11: Pregare. 12: Tagliare il cordone ombelicale. 13:
Lasciare un buon ricordo.
Don Bosco (1815-1888), che di educazione si intendeva, aveva capito che le ore della sera sono importanti. Per questo ha voluto la ‘Buona notte’: quel discorsetto affettuoso che nelle case salesiane il direttore rivolge alla sua ‘famiglia’per chiudere la giornata. Ora senza entrare nel tema religioso una cosa è certa Il momento più propizio per seminare è la sera! Di sera è più facile avere pensieri miti, pensieri di pace. La sera è benigna, è tenera, è discreta. Per questo è l’occasione magica dell’incontro e dell’intimità. Di sera sentono anche i sordi, perché di sera si parla con il cuore. E'anche il momento di riunione familiare, dopo il pasto, è il momento della giornata in cui si lascia il fardello delle fatiche, ci si rilassa e dunque è il momento migliore per piantare quei semi che vogliamo. La sera è preziosa. Lo scrittore tedesco Johann P. Richter (1763-1825) era convinto che “le parole che un padre dice ai figli, di sera, nell’intimità della casa, nessun estraneo le sente al momento, ma alla fine la loro eco raggiungerà i posteri”.
L’educatore e attore statunitense Bill Cosby (1937) invece era convinto che“essere genitori è, a volte, più stressante che essere presidente degli Stati Uniti”. Certo è faticoso e a volte ci sentiamo anche inadeguati, non sappiamo come affrontare le situazioni che di volta in volta ci si propongono, in questo caso è meglio documentarsi. Ovviamente alla base di qualsiasi relazione più che mai quella genitoriale deve esserci l'amore.
“I bambini d’oggi sembra sappiano tante cose, e le sanno, ma sotto il bambino tecnologico c’è quello eterno che non può vivere senza l’affetto e l’amore di qualcuno”così ci ricorda Mario Lodi, maestro scrittore.
SEMINARE CON AMORE
“Alla larga dalla saggezza che non piange, dalla filosofia che non ride,
dalla grandezza che non si inchina davanti ai bambini!”
(Kahil Gibran, poeta libanese).
“Nei grandi allevamenti dell’Ovest americano non è permesso, nelle fattorie, adoperare nessuna espressione volgare.Se una ‘pedagogia animale’ ha simili esigenze nelle regioni selvagge del Far West, può la ‘pedagogia umana’ rimanere indietro?”
(F.W. Foerster, pedagogista)
Le persone che coltivano qualità positive
rappresentano un modello luminoso e invitante: il migliore spot
pubblicitario possibile per la crescita personale. Il mezzo più efficace
per comunicare ai bambini questa prospettiva più gioiosa è attraverso
il linguaggio del gioco: le storie e i giochi trasmettono naturalmente
la leggerezza di qualità come la pace, la gentilezza e la fiducia.
La cosa più importante di tutte, dovrebbe essere chei nostri bambini siano felici! E l'unicco modo possibile è educarli con gioia, coltivandola prima di tutto in noi stessi.
Ci sono numerose illusioni alla base del sistema educativo moderno.
Tra queste, la convinzione che la
felicità e l'appagamento dipendano dal successo materiale. Un'altra
illusione è che una vasta conoscenza sia garanzia di successo in ogni
campo. Una terza illusione è che il successo, in qualunque ambito,
dipenda dal denaro.
Il denaro, ovviamente, è necessario per costruire
qualsiasi cosa, da una casa a un ospedale. Più importante del denaro
stesso, tuttavia, è la capacità di attrarlo.Nessuno può essere felice, e neppure raggiungere
l'appagamento in qualsiasi campo, se la sua coscienza è priva di uno
scopo elevato.
EDUCARE CON GIOIA
A cosa dare nutrimento nei bambini? Da chi e da che cosa stanno attualmente assorbendo comportamenti e valori? Come è cambiato il contesto culturale? Quali sono gli ostacoli e quali le chiavi di accesso alla trasmissione dei veri valori della vita?
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Sono domande che ci poniamo tutti i giorni e a cui Nitai Deranjaoffre risposte pratiche,
mostrando come sia possibile passare dal vecchio stile educativo
fondato sull'indottrinamento ad un nuovo approccio basato sulla scoperta
dei valori tramite l'esperienza diretta. Nitai Deranja in questo libro che vi propongo oggi offre un ampio
ventaglio di attività, storie ed episodi di vita scolastica vissuta,
immediatamente utilizzabili in classe o anche in famiglia, per educare i
bambini e i ragazzi attraverso l'esperienza vissuta. Si passa
attraverso il gioco e le storie perché questi strumenti didattici
riescono meglio di qualunque discorso a trasmettere la leggerezza
implicita della "materia" di cui sono fatti i valori. Mi ha colpito molto ritrovare in questo libro qualcuna delle attività che facevo da bambina assieme ai miei genitori. Ve la ripropongo qui, chiudendo l'articolo lanciando un piccolo seme...provateci anche voi con i vostri bambini e i loro amici a liberarvi delle vostre facce di pietra.
ATTIVITÀ: Facce di pietra
Fascia d’età: 5-17 anni Dimensione del gruppo: 2-36 componenti Llivello di utilizzo: consolidato Nessuna preparazione richiesta
Dividete il gruppo in coppie e chiedete
ai partecipanti di guardarsi l'un l'altro negli occhi. Il primo che
sorride, ride o distoglie lo sguardo, perde. È possibile fare smorfie,
ma non si possono emettere suoni né muovere le mani. Se volete tirar
fuori lo spirito competitivo, i vincitori possono affrontare gli altri
vincitori e chi perde farà lo stesso con gli altri perdenti, finché non
si stilerà una classifica delle "facce di pietra".
"I libri mi piacciono perché non strillano, sono silenziosi, eppure dicono un sacco di cose."
(Danilo Pennone)
Ma se ci pensiamo davvero, in fondo ogni libro contiene tutte le parole dell'albero da cui è nato. A volte penso che quella che leggiamo sia proprio la voce degli alberi che gli scrittori e i poeti di tutto il mondo, inconsapevolmente, hanno raccolto sulla loro pelle...
(Valentina Meloni)
Ti perdonerò per questa volta, ma ricordati: se del perdono non sarai
degno, per tutta la vita sarai di legno. (Fata turchina a Pinocchio)
C'era una volta...
– Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli
che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il
fuoco e per riscaldare le stanze...
(Le avventure di Pinocchio -
Carlo Collodi, incipit)
Quante volte avrò letto questo libro? Ormai non le conto più! E' il libro preferito di mio figlio fin da quando era piccino e anche una delle sue ninne nanne preferite... la famosa Lettera A Pinocchio di Johnny Dorelli, del 1961, spesso gliela canto ancora e lui si emoziona sempre nell'ascoltarla, ma anche io...
E poi chi non ricorda la celebre colonna sonora composta da Fiorenzo Carpi del film di Comencini? Tutti l'abbiamo ancora in testa e tutti abbiamo visto da bambini e da grandi questa bellissima interpretazione del capolavoro di Collodi nello sceneggiato in cinque puntate che andò in onda per la prima volta sulla RAI nel 1972, io non ero ancora nata. La sceneggiatura fu scritta a quattro mani da Susi Cecchi D'Amico e dallo
stesso Comencini; mentre il cast vantava presenze d'eccezione. Gli attori protagonisti furono: Andrea Balestri (Pinocchio), Nino Manfredi (Geppetto), Gina Lollobrigida (Fata Turchina), Franco Franchi (il Gatto), Ciccio Ingrassia (la Volpe), Vittorio De Sica (il Giudice) e nonostante la partecipazione di alcuni attori conosciuti più che altro per le loro interpretazioni in ruoli comici Comencini ha dato del "suo" Pinocchio una visione particolarmente delicata e poetica, restituendo una patina di sommessa malinconia all'intera vicenda. A dispetto dell'ambientazione toscana della novella di Collodi, lo sceneggiato fu girato principalmente nel Lazio, tra le province di Roma e di Viterbo:
Farnese (Viterbo) - Il paese di Geppetto, dove inizia la vicenda. Isola Farnese (Roma) - L'Osteria del Gambero Rosso. Lago di Martignano - La casina della Fata, la tomba della Fata. Antemurale del Porto di Civitavecchia (Roma) - Ricostruzione (nella parte interna) del borgo dei pescatori dal quale parte Geppetto per le lontane Americhe in cerca di Pinocchio; scena dell'arrivo di Pinocchio che si tuffa in aiuto di Geppetto.
«Il libro "Le avventure di Pinocchio" di Carlo Collodi, si può leggere in tanti modi. Intanto, è un libro pedagogico che segue la moda dei tempi, che voleva per i bambini "favole morali"; però vi spira un'aria strana un po' anarchica, un po' arrabbiata, che non consente anche il ribaltamento. Secondo me è un capolavoro.» Queste le parole di Luigi Comencini.
Certo "Le avventure di Pinocchio" sono un capolavoro, chissà se Carlo Collodi fosse consapevole mentre lo scriveva di quanto la storia di questo burattino sarebbe diventata famosa e io oserei dire ormai leggendaria!
Ancora oggi rimane uno dei romanzi più diffusi nel mondo, grazie allo
straordinario dinamismo linguistico, alla narrazione fresca e rapida, e alle interpretazioni, alle letture a cui si presta. Pinocchio, ovvero gli occhi del Pino... Il mito antico, e però ribaltato, della dendrometamorfosi. Non un uomo che diventa albero, ma albero che si trasforma in uomo e uomo che torna bambino.
Ma le avventure di Pinocchio è solo una storia di fantasia? Tutt’altro. Si può leggere in tanti modi dice Comencini e noi proviamo a dare una lettura diversa e più matura di questo testo. Con grande audacia e sapienza, Collodi raccontava un mito fondamentale, antichissimo e sempre nuovo: l’Incarnazione – ovvero la discesa di un essere meraviglioso nel nostro mondo, e la sua trasformazione in "un ragazzino come tutti gli altri". Spiegava come e perché questo prodigio può avvenire in ciascuno di
noi, e quali alleati ha, e quali enormi ostacoli incontra, e come li si
supera. Del resto Carlo Collodi, all'anagrafe Carlo Lorenzini, ricordiamolo dal 1837 fino al 1842 entrò in seminario a Colle di Val d'Elsa, per diventare prete e ricevere un'istruzione e fra il 1842 e il 1844, seguì lezioni di retorica e filosofia a Firenze, presso un'altra scuola religiosa degli Scolopi ***(I Chierici regolari poveri della Madre di Dio delle scuole pie).
Ora l'incarnazione può avvenire su più livelli:
la rappresentazione concreta di un concetto astratto,
un atto di personificazione, come l'assunzione di una forma umana da parte di un essere spirituale, divino,
la comparsa (di tutta o di una parte) della coscienza (o della
memoria) di un individuo (generalmente deceduto/a) in quella di un
altro/a,
la discesa dell'anima in un corpo dopo il concepimento o una caduta dovuta a una colpa originaria (tradizione cristiana).
In Pinocchio sembrano convivere tutte e quattro queste dimensioni dell'Incarnazione in maniera più o meno occulta. Nel Cristianesimo l'"Incarnazione" per eccellenza indica l'assunzione della natura umana da parte della seconda persona trinitaria, cioè il Verbo si sarebbe fatto uomo in Gesù Cristo. In diverse altre religioni vi sono credenze secondo le quali quali una divinità può incarnarsi in forma umana (vedi ad esempio il concetto di avatar nell'induismo).
Pinocchio e la Fata turchina di Milo Manara
La dottrina cattolica dell'Incarnazione è così riassunta nel simbolo niceno-costantinopolitano: "Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per
opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e
si è fatto uomo."
E anche Pinocchio nel suo percorso ascendente di iniziazione e incarnazione torna più volte alla Madresimbolica rappresentata dalla Fata Turchina.
-Destati, oh legno inanimato! Perché la vita io t'ho donato! (Fata turchina)
La Fata incarna anche il luogo simbolico senza memoria in cui l'uomo è veramente se stesso, la base, il luogo vergine a cui tornare e in cui esiste il fondamento di ogni conoscienza, prima che qualsiasi insegnamento venga inculcato.
Secondo lo scrittore e teologo Igor Sibaldi Collodi prendeva (consapevolmente o meno?Mi chiedo io)a piene mani da grandi tradizioni esoteriche, dalla
Qabbalah* soprattutto, e donava ai lettori magnifici strumenti per trasfigurare la loro personalità, la loro vita e tutto il loro mondo.Igor Sibaldi in questo splendido
DVD incentrato sulla storia di Pinocchio svela la vera storia, che è
ben piu' di un semplice racconto... Secondo Sibaldi le avventure di
Pinocchio costituiscono, dalla prima all'ultima pagina, un
originalissimo trattato di teologia, fitto di citazioni dai testi sacri
cristiani, ebraici ed egiziani, e anche e soprattutto dalla tradizione
della Qabbalah. Collodi ha inserito storie per adulti che hanno imparato
a ridiventare bambini, che hanno imparato a ritornare alla base, al
fondamento delle loro conoscenze, al luogo senza memoria in cui l'uomo è veramente se' stesso. Agli antichi questa dimensione piaceva
moltissimo e si chiamava... Iniziazione. Sentiamolo in questa anteprima direttamente dalle sue parole...
Io non ho ancora visto il dvd ma sono molto interessata a conoscerne il contenuto...nel frattempo però ho messo insieme le varie intuizioni che ho avuto nel corso della lettura di Pinocchio e nelle interpretazioni che ne sono state fatte fino ad ora. Ma cosa c'entra Pinocchio con la Cabbala? E quante interpretazioni sono state fatte di questo immaginifico ma anche realistico personaggio?
Interpretazioni
La storia sembra una rilettura libera del romanzo di formazione
(il monello che piano piano diventa ragazzo maturo), sebbene, anche a
causa dell'ambientazione fantastica, non manchino interpretazioni
alternative.
Picaro
Secondo Italo Calvino, Pinocchio è l'unico vero picaro
della letteratura italiana, seppure in forma fantastica: le sue
avventure rocambolesche, a volte scanzonate a volte drammatiche, sono
tipiche di questa figura letteraria che non ha avuto grande successo
nella letteratura italiana.
«Toscanaccio»
Il critico letterario e prosatore Pietro Pancrazi
ha interpretato Pinocchio come un monellaccio disubbidiente e viziato,
come ne aveva conosciuti in Toscana; la sua metamorfosi da burattino di
legno in ragazzo vero è la maturazione reale di un comune bambino
toscano abituato a tante birbonerie in un giovanotto con un futuro
davanti.
Alter Christus?
Un'interpretazione
alternativa viene da Gian Luca Pierotti, che vede
nel romanzo e nella figura di Pinocchio un'analogia con certi Vangeli
apocrifi che narrano un'infanzia turbolenta di Gesù. Inoltre si
riferisce anche alla scrittrice americana Clara Clement che, nel suo Handbook of Legendary Art, sostiene come la prima manifestazione di Cristo sulla Terra sia stata un legno animato (living rod)
e alla possibile interpretazione di alcuni temi del romanzo come
riferimenti alla Crocifissione (lo stesso legno, l'episodio
dell'impiccagione ecc.). Pierotti cita la formazione in seminario dei
Collodi e Pietro Coccoluto Ferrigni «Yorick» quando afferma che, nel periodo da Berlingaccio alle Ceneri
i teatri fiorentini di marionette sostituissero le figure profane con
quelle sacre e si passasse alla rappresentazione del battesimo di Gesù.
La bugiardaggine di Pinocchio starebbe allora nell'essere figura
cristiana che non appare tale e che si muove in un ambiente che, almeno
in apparenza, cristiano non è. Si tratterebbe in definitiva di un
presepio animato toscano, laico e profano all'apparenza, ma cristiano
nel contenuto.
Partendo da questa ultima interpretazione non possiamo andare a rivedere il Giannettino, un libro scritto da Carlo Collodi, la cui prima edizione fu
pubblicata dalla Libreria Editrice Felice Paggi nel 1877, è interessante
notare l'incipit con la metafora del falegname e Dio e accostarla alla
"creazione"(Pinocchio) del nostro Geppettocontro il fare di Mastro Ciliegia ...Nella parola creazione sta il filo rosso, il filo conduttore delle avventure di Pinocchio. Ed è anche il nesso che può ricondurlo alla Cabbala e alle tappe che compongono il rito iniziatico dell'incarnazione. Le 10 Sephiroth dell'Albero della Vita, da Keter a Malkhut,
infatti, corrispondono a dieci tappe che compongono ogni processo di creazione
cosciente.(le riporto più avanti). Se intendiamo Pinocchio come pinolo, il piccolo pino è il seme che può essere inteso sia come principio vitale e quindi sessuale e germinativo sia come principio spirituale inteso come seme di coscienza. Ecco quindi che torniamo all'Incarnazione.
PINOCCHIO UN NOME A CASO?
Cominciamo dal nome...Pinocchio ovvero gli occhi del pino, volendo forzare una interpretazione che a me piace la parola sembra essere composta da pino e da occhio dalla congiunzione delle parole pìnus e òculus... Eppure il pinolo nel suo guscio non assomiglia proprio ad un piccolo occhio? Gli occhi del pino? Ana Blandiana, considerata la maggiore poetessa romena contemporanea,ha scritto una poesia bellissima che non posso non riportare, ricollegandomi
al discorso di Igor Sinibaldi per cui Pinocchio altro non è che
l'iniziazione e il ritorno a quel bambino di cui guarda caso parlalo stesso Gesù: «In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.>> (Matteo, 18.3)
"L'albero degli occhi" di Guido Pigni anno 2007 -Acrilico su carta e su tela cm 40x30-
Un tempo gli alberi avevano occhi
Un tempo gli alberi avevano occhi,
posso giurarlo,
so di certo
che vedevo quando ero albero,
ricordo che mi stupivano
le strane ali degli uccelli
che mi sfrecciavano davanti,
ma se gli uccelli sospettassero
i miei occhi,
questo non lo ricordo più.
Invano ora cerco gli occhi degli alberi.
Forse non li vedo
Perché albero non sono più,
o forse sono scivolati lungo le radici nella terra,
o forse,
chissà,
solo a me m’era parso
e gli alberi sono ciechi da sempre
Ma allora perché
Quando mi avvicino
Sento che
Mi seguono con gli sguardi,
in un modo che conosco,
perché, quando stormiscono e occhieggiano
con le loro mille palpebre,
ho voglia di gridare
Cosa avete visto?…
(Traduzione a cura di: Biancamaria Frabotta e Bruno Mazzoni)
(da Ottobre, Novembre, Dicembre, 1972)
Illustrazione di M.Frezzato
"Fatti
gli occhi, figuratevi la sua maraviglia quando si accòrse che gli occhi si
movevano e che lo guardavano fisso fisso. Geppetto,
vedendosi guardare da quei due occhi di legno, se n’ebbe quasi per male, e
disse con accento risentito:— Occhiacci di legno,
perché mi guardate? "
Facciamo una piccola digressione nella simbologia dell'occhio. Andiamo in Egitto. Questo è L'occhio di Ra
In base alle antiche tecniche di misurazioni egiziane, il disegno dell’occhio è composto da differenti frazioni ognuna con un suo significato:
- ½ rappresenta l’odore ( forma di naso al lato dell'occhio)
- ¼ rappresenta la vista e la luce (pupilla)
- 1/8 rappresenta il pensiero (sopracciglio)
- 1/16 rappresenta l’udito (freccia sul lato dell’occhio che punta verso l’orecchio)
- 1/32 rappresenta il gusto, il germogliare del frumento (coda curva)
- 1/64 rappresenta il tatto (piede che tocca terra) .
La leggenda narra che a Horus fu strappato in combattimento l'occhio sinistro dal Dio del male e che Thot riuscì a riprendere l'occhio al Dio del male e rimetterlo nella sua orbita. Ora questa leggenda narra in realtà di un persorso inziatico. Vediamo che il Suo Occhio destro, il sano, l’Occhio divino, resta suo, mentre l'altro, quello sinistro 'imperfetto, è destinato all'uomo. Occhio che, nella leggenda, Horus perde nello scontro con Seth, il Dio del male, che vive ed opera sulla terra, avendo usurpato il potere al suo legittimo Re > Osiride, ucciso e tagliato in 14 pezzi.Occhio Sinistro, che Horus, nel corso del suo passaggio terreno, deve assolutamente trovare e reimpiantare nel bulbo oculare vuoto. Infatti nel Libro dei Morti, cap.LXVI si legge: “ Io sono Horus, il figlio primogenito di Osiride, che dimora nel mio occhio destro. Giungo dal cielo e rimetto Maat ( la Dea della verità e della giustizia) nell’occhio di Ra (il Dio Sole)”,che, per gli egiziani, è appunto "il sinistro".
La riconquista della vista dell’occhio sinistro può avvenire quindi solo se l’uomo o la donna, nel loro cammino terreno, hanno praticato tutte le prescrizioni del percorso inziatico teso alla conquista della Vera Vista: quello che noi chiamiamo terzo occhio.Apertura dell’occhio sinistro secondo l’insegnamento misterico egizio, che rappresentava questo stato psicofisico con il simbolo dell'occhio destro, da cui sgorga l'energia del serpente, rappresentato da un cobra femmina, che è la manifestazione della dea che personifica l'occhio ardente di Ra > l'ureo (ureo che indica appunto il possesso della terza vista).
Simbolicamente quindi l'uomo deve riappropriarsi della vista ’iniziando a compiere “il miracolo” di riuscire nuovamente a vedere durante l’esistenza terrena con > ambedue gli occhi < il mondo terreno e quello celeste, in modo da superare brillantemente e senza difficoltà la prova della > pesatura del cuore < e spiccare il volo nuovamente verso il cielo”.
E Geppetto pare tornare al suo bambino interiore attraverso gli occhi del suo neonato burattino. Geppetto ha un "nuovo paio di occhi" e li fabbrica assieme al burattino per compiere quel processo che da solo non potrebbe portare a termine. "Ho
pensato di fabbricarmi da me un bel burattino di legno: ma un burattino
maraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Con
questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un
bicchier di vino: che ve ne pare?"
Il simbolismo del pane e del vino, gli elementi del banchetto eucaristico, racchiude in sé un contenuto non solo conviviale ma anche sacrificale o di oblazione. In Giovanni Cristo è indicato come pane del cielo (Gv 6,32s.49ss), come pane della vita (Gv 6,35.48), come il vero pane (Gv 6,32s). Il vino “allieta il cuore dell’uomo”, dice il Sal 104,15. La felicità promessa da Dio al suo popolo è espressa sovente sotto la forma di una grande abbondanza di vino.Il pane e il vino quindi simbolicamente rappresentano il nutrimento reale e spirituale e la gioia piena e condivisa. Il pane e il vino sono anche simbolo di sacrificio, di oblazione. Il pane e il vino non sono rinvenibili in natura, ma sono frutto di un processo che esprime appunto una simbologia sacrificale. Dal chicco di grano che muore sotto terra nasce la spiga carica di chicchi; essi, a loro volta, devono essere duramente macinati per diventare farina, la quale amalgamata con l’acqua diventa impasto, che al vaglio del fuoco offre il pane. Un processo simile riscontriamo nella produzione del vino: i chicchi dell’uva sono sottoposti al torchio, alla ebollizione e purificazione del tino, alla stagionatura paziente per diventare vino buono che rallegra il cuore di quanti lo berranno, suggellando familiarità e stringendo amicizie. E' evidente il richiamo a questo processo di travaglio e trasformazione che Geppetto intende compiere con l'aiuto del suo Pinocchio ed è un ulteriore rimando alla lotta tra bene e male ( che abbiamo già visto nella zuffa tra Geppetto e Mastro Ciliegia, e poi nello sguardo definito da geppetto "occhiacci" che si può assimilare all'occhio sinistro di Horus, quello destinato all'uomo e imperfetto).Anche la simbologia del pane e vino hanno il loro percorso inziatico, basterebbe citare la favola del diavolo e del contadino in cui il contadino riesce a non far prendere il primogenito al diavolo (che avevo promesso a suo tempo quando era in difficoltà) mettendo una pagnotta di pane sul davanzale della finestra. Ma ce ne sono mote di queste storie...
E del naso che dire? La caratteristica più nota e conosciuta di Pinocchio è il suo naso che
si allunga a dismisura quando dice le bugie: questo compare nel capitolo
XVII. Oltre a richiami immediati e scontati di natura sessuale, c'è da
notare come lo stesso Collodi, in Note gaie, affermi come «per nascondere la verità di una faccia speculum animae [...] si aggiunge al naso vero un altro naso di cartapesta».
Ma non solo... Pino rimanda a pineale e hanno in comune la stessa radice. Il termine pineale con cui si designa il corpo epifisario, deriva dal
latino pinus-pigna e si collega nell’etimologia alla radice pix-pece
(succo resinoso che si estrae dal pino!), e dal sanscrito
pitudarus-albero.
Noi tutti esseri umani abbiamo un organo, situato al centro del cervello, chiamato ghiandola pineale o epìfisi. Secondo l'Ultrafania (l’ultrafania è la scienza che ricerca, raccoglie e studia i fenomeni tutt’ora sconosciuti di natura concettuale)essa è atta a raccogliere vibrazioni di suoni siderei, eterei ed a trasmetterli nelle diverse forme conosciute come mezzi di estrinsecazione. Infatti la pineale è in relazione con il cardiaco e il plesso solare o gastrico. Queste vibrazioni ad altissima frequenza, caratterizzate dai più profondi concetti pensativi emessi da individualità totalmente pure (molte non si sono mai rivestite di corpo fisico), si chiamano noùri da noùs – intelletto e roos – onda corrente. E’ appunto l’Essenza che fa proprio, direi, l’organo cerebrale e per esso irradia elevatissimi pensieri o noùri. Più l’ipersensitivo o medium ultrafano è in sintonia evolutiva con le correnti superiori (e questo si deduce dalla sua acquisita spiritualità, dopo grandi sofferenze, purificazioni e prove superate nella vita) più, per affinità, è idoneo a ricezioni superlative. E’ doveroso dire che quest’organo può essere calcificato, semi-calcificato o duttile ed è in quest’ultima condizione che è atto a captare prontamente l’onda noùrica. Anche la telepatia si manifesta attraverso l’epìfisi quando ci sia una “simpatia” detta capacità di risonanza tra due Esseri.Fu
René Descàrtes -detto Cartesio- a menzionare la pineale quale sede
dell’anima che, naturalmente, non può essere collocata in un punto
preciso. Ma se noi analizziamo meglio quanto sopra detto, possiamo
senz’altro dire che questa ghiandola, essendo la parte più sensibile ed
eminente del cervello, è in posizione dominante rispetto alla vita
animica dell’individuo, tanto è vero che è la prima a formarsi
(diverticolo: termine che designa l’abbozzo dell’epìfisi) nell’embrione
umano verso la quinta settimana; resta semplice per qualche tempo
(embrioni da 25 a 30mm), poi emette diverticoli secondari che si
allungano e si intrecciano sino a formare un corpicciolo a forma di
pigna un po’ appiattita, da cui prende il nome. Nella sua piena
formazione è lunga circa un centimetro e larga e spessa al massimo 5 mm;
colore colore grigio-rossastro.Nella ricezione medianica l’onda noùrica la percuote, essa vibra e trasmette l’impulso ai gangli nervosi del cerebro che, a sua volta, decodifincando il concetto iniziale ricevuto, per mezzo della propria cultura e la terminologia adatta, li trasmette nella nostra dimensione umana o come pensieri (ecco l’intuizione) o come parole attraverso l’ugola. Ecco il messaggio ultrafanico!(L’etimologia dal greco dà l’esatto concetto:Ultra - al di là e fanìa – luce manifesta, dunque luce dall’aldilà). Questi messaggi sono anche il tipo di messaggi a cui i sapienti accedevano per mezzo dell'occulto o comunque attraverso un percorso di conoscenza cabalistico, di iniziazione che aumentava il potere della Conoscenza, della trasmissione del sapere da una entità ad un altra nel corso dei secoli.
Dunque Pino, pineale, occhio...all'uderà mica al Terzo occhio? Ci risiamo dai..."A me gli occhi!" ora leggete con attenzione...in etimo la definzione che riporto in originale e che parla del diminutivo di pìnus in pinùculus...piccolo pino.
Un pezzo di legno, ramo d'albero, seme d'albero ...insomma ritroviamo l'albero l'elemento alchemico di unione tra terra e cielo, tra terreno e immateriale. Il pino, poi chissà perchè il pino? Ma non era un pezzo di catasta? Ma in effetti non sappiamo che legno fosse ...peccato no? A me viene in mente una poesia che lessi tanti anni fa ormai e che non posso dimenticare nonostante la mia pessima memoria, la poesia è di un signore per me sconosciuto che si firma P. Vasio dove P. suppongo che stia per Pino e s'intitola proprio "Il Pino"
...E qui fuori c'è il pino silenzioso e mesto, con le sue braccia stanche tese come nel gesto d'una fraternità. Ha un segreto il pino, lo nasconde nel cuore dei suoi frutti legnosi che hanno l'odore denso del religioso incenso e son fatti a celle, siccome un alveare. Se tu forzi una cella ci trovi un pinolino in veste monacale, e dentro c'è la spoglia, e poi la buona polpa, due candide manine congiunte per preghiera. Ed in questo amuleto è tutto il suo segreto, ch'è il segreto del mondo: in fondo, nel profondo del cuore d'ogni cosa c'è sempre una preghiera...
Hageneder nel suo Lo sprito degli alberi ci descrive il pino così :
L'Angelo del Pino si mette a servizio della vita stessa. Spesso va dove gli
altri alberi non possono vivere, e offre rifugio a innumerevoli piante e specie
animali. Il suo calore e il suo potere sono così forti che alla sua presenza
gli uomini trovano coraggio, calma e vitalità. Questo è particolarmente vero
per chi soffre di tristezza e malinconia, e quindi si sente demotivato. Andate
vicino a un pino e respirate profondamente per assorbire la sua potente energia
vitale.
(F.Hageneder)
Considerando Pinocchio come un romanzo picaresco, allora forse, Collodi si vede, e si racconta in prima persona facendo parlare Geppetto (diminutivo di Giuseppe, ma anche Pino che sta per Giuseppino ...), come un seme: un pinolino in veste monacale con due candide manine congiunte in preghiera... La parola “pregare” ha la sua
etimologia nel latino precor, derivato a sua volta da prex (genitivo
precis); la nostra parola di cortesia “prego” (equivalente al tedesco
bitte) è l’elissi da “vi prego”, denotando, appunto, una
richiesta. Questa forma di preghiera(in forma di richiesta) è forse la più comune, denotando sia
la nostra natura propensa a chiedere sia il nostro bisogno, tuttavia ci
sono diverse forme di preghiera: La preghiera come supplicazione. La preghiera come implorazione. Il sospiro come preghiera. Il grido come preghiera. La lotta interiore come preghiera. La preghiera d’intercessione. La preghiera di confessione. La preghiera diringraziamento. Da notare come (primo rimando all'iniziazione) il motto ricorrente degli alchemisti sia:
"Chiedi
la sapienza non per te ma per aiutare i poveri e gli umili.
E
soprattutto prega , prega incessantemente l'Onnipotente in povertà di
Spirito perchè ti doni questa Sapienza. Quanto più alti saranno gli
scopi e vasti i desideri tanto maggiore energia avrai per soddisfarli .
Desidera il bene di tutti e l'Universo sarà con te,ma se aspiri a un
modo solo tuo devi procacciartelo nel modo più duro."
(Sri Nisargadatta Maharaj)****
La mancanza di tempo mi impedisce di andare a ricercare nella storia di Pinocchio queste forme di preghiera o di richieste più o meno occulte ma potete immaginare quante se ne trovino, soprattutto quando si rivolge alla fata turchina. Collodi alla fine dei conti era un prete...oppure qualcosa di più?Interessante notare come la parola ti prego compaia solo nel cap.XXXVI e cioè quando finalmente Pinocchio cessa d’essere un burattino
e diventa un ragazzo.
"Nuotò
finché ebbe fiato: poi si voltò col capo verso Geppetto, e disse con parole
interrotte:
— Babbo
mio... ajutatevi... perché io muojo!... —
E
padre e figliuolo erano oramai sul punto di affogare, quando udirono una voce
di chitarra scordata che disse:
— Chi
è che muore?
— Sono
io e il mio povero babbo!
— Questa
voce la riconosco! Tu sei Pinocchio!...
— Preciso:
e tu?
— Io
sono il Tonno, il tuo compagno di prigionia in corpo al Pesce-cane.
— E
come hai fatto a scappare?
— Ho
imitato il tuo esempio. Tu sei quello che mi hai insegnato la strada, e dopo
te, sono fuggito anch’io.
— Tonno
mio, tu capiti proprio a tempo! Ti prego per l’amore che porti ai Tonnini tuoi
figliuoli: ajutaci, o siamo perduti."
Manuela Adreani _Pinocchio e la balena -disegno a matita-coloraz.digitale 24x21
Ma è davvero importante sapere di quale legno sia fatto Pinocchio?Forse Collodi non ci dice volutamente che tipo di legno sia ma ci dice però che è un semplice pezzo di catasta .
E qui sta forse il concetto più importante del tema picaresco.
Pinocchio incarna il bambino povero, nato da famiglia povera che sembra
non aver futuro e che per liberarsi da questo status sociale alienante
che lo incatena agli stereotipi e ad una vita difficile dovrà a lungo
lottare e fare esperienza e tribolare. Pinocchio incarna il mito
dell'uomo nuovo, quello che deve farsi da se, come quella realtà di
un'Italia appena unita, ma unita più dal punto di vista territoriale che
spirituale, con profonde differenze territoriali e sociali, un'economia
da costituire ma soprattutto una popolazione intera da "costruire".
D'Azeglio affermò infatti che dopo l'unità l'imperativo fosse quello di
"fare gli italiani", di dare loro uno spirito civico e una coscienza
nazionale che non possedevano perchè in fin dei conti l'Italia fu fatta
"a tavolino" da gruppi di persone piuttosto ristretti, studenti e
professionisti, pochissimi operai e contadini. E quindi come creare
questo "homo novus" senza quell'afflato di unione spirituale che sta
alla base della creazione? E qui torniamo al concetto di fare e di
creare. Pinocchio è uno specchio di quell'Italia precostuita che cercava
la sua idendità senza avere un "ceppo" abbastanza grande e coeso, ma
abbastanza forte e duraturo da poter tentare un'impresa che secondo me
è tuttora in via di formazione. In realtà mi sento di dire che nessuna
vera unità e idendità nazionale si è andata rafforzando in questi quasi
150 anni. Tanti piccoli semi di albero nati su suolo italiano sono
andati incontro a questa formula inziatica di uomo che va formandosi con
fatica, emergendo dalla materia arretrata e contadina che
contraddistingueva la realtà della toscana di fine ottocento, in
particolare nel territorio della ex "Chiesa cattolica" per affrontare
la sfida della "ricostruzione" idenditaria e economica e sociale. Pinocchio, piuttosto che una favola per ragazzi, sembra in effetti un'allegoria della società
moderna, uno sguardo impietoso sui contrasti tra rispettabilità e
libero istinto, in un periodo (fine Ottocento) di grande severità
nell'attenzione al formale.
IL CEPPO ANIMATO
"In principio era il Verbo,il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui,e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò cheesiste. In lui era la vitae la vita era la luce degli uomini." (Giovanni 1,1-1)
Illustrazione di Massimiliano Frezzato
Leggo l'articolo di Carlo Lapucci e lo riporto qui in alcuni passi fondamentali :
La scomparsa del camino dalle case moderne ha segnato inevitabilmente
anche l'allontanarsi del tradizionale Ceppo natalizio, che un tempo non
mancava in nessuna casa della zona di Firenze e in genere della Toscana.
È una tradizione sentita proprio come nostrana e curiosamente non si ha
di solito la percezione del fatto che il Ceppo***** sia stato una
consuetudine italiana ed europea. Oggi sono rarissime le case dove si
tiene memoria di questa usanza, se non a livello di pallido ricordo, ma
pochi sanno dire di cosa si tratta, della ritualità che stava intorno a
questo nodo di figure, di simboli, di funzioni di cui, sia pure di
legno, era il cuore.
Con un po' di semplificazione potremmo definire il Ceppo come il babbo
di Babbo Natale e forse anche della Befana e dell'Albero di Natale.Nelle campagne il capoccia teneva d'occhio durante l'anno la
grandezza e la natura dei ceppi che venivano estratti dai campi, dai
boschi, e sceglieva, mettendolo ad asciugare, quello più adatto per
andare nel camino le sera della vigilia di Natale e bruciare davanti
alla famiglia riunita nella veglia. Per ceppo s'intende
propriamente quel blocco che sta a fior di terra e sotto questa, dove si
annodano le radici e da dove il fusto della pianta si eleva verso il
cielo. Grande simbolo di unità, nodo di forze, emblema della famiglia
con i polloni e virgulti, immagine della vita per la forza e capacità di
collegare due mondi. Si capisce che poi, nelle varie situazioni era un
semplice ciocco di legno, un pezzo di tronco.
In certi luoghi il
Ceppo doveva durare fino a tutto il giorno seguente, ovvero anche per
tutto Santo Stefano. In altri entrava anche nella ritualità
magico-familiare del Capodanno e doveva durare, bruciando
ininterrottamente, fino alla Befana.
Era il simbolo dell'unione del cielo e della terra, con la luce;
dell'unione e dell'amore della famiglia con il fuoco e, dal suo essere
polarità di forze benefiche, emanazione di flussi positivi nella casa e
nella terra. Intanto non era posto semplicemente sul fuoco e
incendiato, ma nel periodo di massimo splendore della sua carriera,
veniva benedetto, ornato, cosparso di vino, o di grasso, burro e acceso
dal capo di casa. I riti, gli usi e anche le superstizioni che sono
legati a questo pezzo di legno fanno pensare che le sue ascendenze siano
molto lontane, forse risale al paganesimo e anche al di là di quello;
non certo come uso natalizio, ma come un fuoco sacro legato alle
credenze e ai riti del solstizio d'inverno, in collegamento diretto col
sole, nel segno della luce e del fuoco, con le forze telluriche nel
segno della natura stessa della pianta, e con il mondo dei morti, nel
segno della cenere e delle credenze pagane delle anime abitatrici delle
piante e delle realtà naturali. A questa nuova entità che veniva
ad abitare per poco la casa, si collegavano usanze varie, tra le quali
la più conosciuta e vistosa era quella di portare doni ai bambini.
Questi regali (si trattava di cose semplici, come dolci, frutta, modesti
giocattoli) si potevano disporre sopra il Ceppo stesso nella mezzanotte
del Natale, se le dimensioni lo permettevano, oppure si facevano cadere
in vari modi o dal camino o da qualche altra apertura. I bambini,
prima d'arrivare al momento di avere i doni, andavano in un'altra
stanza, oppure venivano bendati e recitavano una preghiera, detta
L'Avemmaria del Ceppo, che dice:
Ave Maria del Ceppo, Angelo benedetto! L'Angelo mi rispose Ceppo mio bello, portami tante cose!
Il Ceppo parlava, rispondeva, si comportava come una sorta di spirito e
da qui è venuta la sua trasformazione in entità eterea antropomorfa,
fino a prendere le forme concrete di fantoccio, e quindi quelle, trovate
forse per la strada, di Babbo Natale. Per semplificare l'offerta dei
doni, si passò alla sua stilizzazione, prendendo le linee essenziali e
riducendolo a una piramide, di forma all'incirca regolare per i più
comuni; di forma invece più allungata quasi monumentale per quelli di
lusso. Fatto con assicelle di legno, più piccolo o grande secondo la
necessità e la ricchezza della famiglia, aveva delle cornici orizzontali
che correvano lungo le facce, tagliandolo in ripiani, in modo che i
doni, postivi sopra, non scivolassero e si presentassero ben sistemati
ed esposti. A Firenze, nei giorni precedenti il Natale, si apriva il
mercato dei ceppi che si teneva sotto le Logge del Porcellino e vi si
trovavano dolci, regali, e vari ingredienti per allestirlo.
Era di solito ben ornato, secondo la ricchezza del contesto: coperto
di stoffa, con festoni, nappe e ciondoli, fiocchi multicolori, pinoli
dipinti infilati a corona nello spago. Qua e là c'erano pine, ricoperte
di carta argentata o colorate, e in cima, stava la più grossa, coperta
d'oro. Talvolta sulla cuspide, invece della pina, veniva posto un
pupazzo, una figura umana, di pezza o intagliata. L'apparato stava in
mezzo alla tavola più grande della casa o del salotto, con i bambini che
gli ronzavano intorno adocchiando i dolci.
In certi posti il Ceppo rimaneva ornato, ma vuoto, poi verso mezzanotte
spariva e durante la cena, o al suono dei dodici tocchi, si sentiva
bussare alla porta. Chi è? chiedeva la mamma. Il Ceppo, si sentiva rispondere. Grazie, venite pure.
Quando la porta si apriva si trovava il Ceppo ricolmo di regali, che veniva portato trionfalmente sulla tavola.
Già il passaggio dalla cosa alla persona si era verificata anche nelle
campagne, dove si chiamava con tale nome un fantoccio di pezza, ripieno
di paglia, con un grosso cesto vuoto infilato nel braccio: veniva calato
dalla finestra con una fune, lasciandolo nel buio della notte, mentre
tutti restavano in attesa. Durante la cena suonavano alla porta. Chi è? Il Ceppo.
Si tirava su la corda e appariva il
Ceppo-fantoccio col canestro pieno di regali, che veniva accolto con
festa, canti e applausi.
Non si possono elencare le numerose e
varie forme, i riti, le cerimonie con cui veniva celebrato il Ceppo
nelle varie località, tanto sono diverse, originali, curiose e poco
inclini a seguire qualcosa di più d'un semplice canovaccio.Molti elementi di questa tradizione sono da collegare ad una arcaico
culto del morti. Il fatto che il Ceppo parli, che abbia una figura umana
che lo sormonta, che sia spesso sostituito da una fantoccio calato
dalla finestra, che sia interpretato da un uomo-albero il quale,
percosso, fa cadere doni, fa capire come un'anima umana, meglio ancora
soprannaturale, si nasconda nella sua scorza, cosa che avviene spesso
anche nelle favole.
Ma c'è di più: nella Higlands il Ceppo destinato ad
essere bruciato per Natale, viene sagomato in modo da assumere una forma
vagamente umana. In Francia, nel Borbonese, i frammenti del Ceppo
venivano religiosamente conservati e, in caso di trasferimento, portati
dalla famiglia nella nuova casa, nella quale subito se ne bruciava nel
focolare qualche scheggia. Altrove si seppellivano dei frammenti
nell'angolo più riposto della casa. In Italia, in diversi luoghi, prima
di coricarsi si lasciano sul tavolo i dolci e le sedie intorno al Ceppo,
si dice per i Santi che verranno in visita, ma si capisce troppo bene a
chi siano veramente destinati, considerando che sono le stesse usanze
del 2 novembre.
(L'articolo continua ed è interessantissimo ve ne consiglio la lettura a questo link )
Questa tradizione quanto è lontana da quella dei nostri giorni? Nessuna celebra il taglio dell’albero per poi poterlo abbellire. Solo ciò che è già morto viene distrutto (il ceppo), in un ciclo naturale che vede nella morte anche la rinascita.
Dunque il ceppo aveva voce, il ceppo si anima ... e quali furono le prime parole di Pinocchio ?
"Detto
fatto, (Mastro Ciliegia) prese subito l’ascia arrotata per cominciare a levargli la scorza e a
digrossarlo; ma quando fu lí per lasciare andare la prima asciata, rimase col
braccio sospeso in aria, perché sentí una vocina sottile sottile, che disse
raccomandandosi:"
— Non
mi picchiar tanto forte! —
Ma adesso vorrei tornare alla stretta realtà, per quanto riguarda il nome e per molto altroforse Collodi molto più semplicemente si è ispirato alle sue esperienze personali scrivendo del suo Pinocchio. Il nome "Pinocchio" pare infatti che non sia una pura invenzione dello scrittore toscano.
Egli forse s'ispirò al nome di una fonte situata a Colle di Val
d'Elsa, dove il Lorenzini (Collodi) aveva studiato, e dove esisteva, fin dal Medioevo, la Fonte di Pinocchio, ma più verosimilmente sarà “La Fonte delle Fate” che si trova a Pinocchio...e a tal proposito ho trovato qualcos'altro... e precisamente che il paese di San Miniato Basso, allora (1880) si chiamava “Pinocchio”, ed è anche il nome del Rio che scorre proprio nel centro del paese.Il padre di Carlo Lorenzini, Domenico ha abitato per diversi anni nella zona del Pinocchio al servizio come cuoco di una ricca famiglia del luogo.
Come non ricordare la frase che più insospettisce circa il riferimento di Collodi al paese Pinocchio (Cap.III): “…Ho conosciuto una famiglia intera di Pinocchi: Pinocchio il Padre, Pinocchia la madre, e Pinocchi i ragazzi, e tutti se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina.”
(Ho rimuginato tanto tempo su questa frase perchè per Geppetto quel nome avrebbe portato fortuna...!)
cartina anno 1880
In questo caso, come la letteratura italiana insegna, il Collodi sembra far parlare Geppetto con la propria voce (altro elemento del romanzo picaresco?), raccontando in realtà un episodio che egli stesso ha vissuto passando dal paese di Pinocchio, probabilmente durante uno dei suoi viaggi in treno (da cui anche il celebre libro da lui scritto nel 1856 “Un romanzo in vapore”).
Il Pinocchio di allora è l'attuale paese di San Miniato Basso (PI), un popoloso centro nella zona pianeggiante alla confluenza della strada statale Tosco-Romagnola che da Empoli porta a Pisa e la strada che da San Miniato conduce a Fucecchio in direzione Montecatini-Lucca.
Il paese prese ufficialmente il suo attuale nome nel 1924, allorche' il potestà del municipio sanminiatese volle riunire i tre popoli di Pinocchio, Casenuove e Ontraino. In particolare la chiesa di S. Stefano a "Lontraino" esisteva già nel secolo XIII in una zona prossima all'Arno ed è ricordata per essere stata profanata nel 1244 da eretici patarini.
Molto importante, per gli abitanti dell'odierna San Miniato Basso, fu la fine del XIV secolo: nel 1378 fu tracciata la strada da San Miniato per Fucecchio con la costruzione dei ponti del "Pidocchio" e di "Ribecco".
Il luogo iniziò a chiamarsi “Ponte al Pidocchio”, in quanto vi si fermavano le carovane di Pidocchiosi, ossia pellegrini sudici e i pezzenti, che percorrevano la via francigena e ai quali era impedito raggiungere il castello di San Miniato, il nome poi col tempo si è volgarizzato in Pinocchio.
Alessandro Vegni (da cui ho preso le informazioni appena citate) ha studiato a lungo la toponomastica di quei luoghi e ha trovato altre interessanti "concidenze" che egli suppone abbiano ispirato a più riprese il nostro caro Collodi. In questa pagina dal titolo "PINOCCHIO E' NATO A EMPOLI" possiamo ripercorrere l'intero romanzo attraverso luoghi e personaggi presumibilmente reali, o realmente esistiti.
L'Albero della Vita: una realtà così immateriale e profonda
Ma torniamo all'albero e alla Cabbala. L’Albero della Vita costituisce la sintesi dei più noti e importanti
insegnamenti della Cabalà. È un diagramma, astratto e simbolico,
costituito da dieci entità, chiamate SEPHIROT, disposte lungo tre
pilastri verticali paralleli: tre a sinistra, tre a destra e quattro nel
centro.
Il pilastro centrale si estende al di sopra e al di sotto degli altri
due. Le Sefirot corrispondono ad importanti concetti metafisici, a veri
e propri livelli all’Interno della Divinità. Inoltre, esse sono anche
associate alle situazioni pratiche ed emotive attraversate da ognuno di
noi, nella vita quotidiana. Le Sefirot sono dieci principi basilari,
riconoscibili nella molteplicità disordinata e complessa della vita
umana, capaci di unificarla e darle senso e pienezza. Osservando la
figura, noterete che le dieci Sefirot sono collegate da ventidue canali,
tre orizzontali, sette verticali e dodici diagonali. Ogni canale
corrisponde ad una delle ventidue lettere dell’Alef Beit ebraico. L’Albero della Vita è il programma secondo il quale si è svolta la
creazione dei mondi; è il cammino di discesa lungo la quale le anime e
le creature hanno raggiunto la loro forma attuale. Esso è anche il
sentiero di risalita, attraverso cui l’intero creato può ritornare al
traguardo cui tutto anela: l’unità del “grembo del Creatore”, secondo
una famosa espressione cabalistica. L”‘Albero della Vita” è la “scala di
Giacobbe” (vedi Genesi 28), la cui base è appoggiata sulla terra, e la
cui cima tocca il cielo. Lungo di essa gli angeli, cioè le molteplici
forme di consapevolezza che animano la creazione, salgono e scendono in
continuazione. Lungo di essa sale e scende anche la consapevolezza degli
esseri umani. Tramite l’Albero della Vita ci arriva il nutrimento energetico
presente nei campi di Luce divina che circondano la creazione. Tale
nutrimento scorre e discende lungo la serie dei canali e delle Sefirot,
assottigliandosi e suddividendosi, fino a raggiungere le creature, che
ne hanno bisogno per sostenersi in vita. Lungo l’Albero della Vita
salgono infine le preghiere e i pensieri di coloro che cercano Dio e che
desiderano esplorare reami sempre più vasti e perfetti dell’Essere.
L’Albero è composto da tre triangoli:
Triade
Superna (o Triangolo Divino): il triangolo dello Spirito (comune a
ognuno e all’intero universo), il regno del transpersonale
Triangolo mediano: il triangolo dell’Anima (la scintilla individuale
dello Spirito universale che si è frammentato per formare il nucleo di
ogni essere vivente)
Triangolo inferiore: il triangolo della personalità (i pensieri, i sentimenti, e il subconscio)
L’albero conta 10 sfere più una (Daath), ciascuna delle quali
rappresenta un aspetto del nostro essere – ad ogni livello: fisico,
emotivo (astrale) e mentale. Esattamente come avviene coi chakra, coi
quali peraltro le sfere hanno un’esatta corrispondenza (l’Albero della
Vita ha appunto 7 piani).
Le 10 sfere sono unite l’una all’altra da un complesso intreccio di 22
vie che rappresentano i rapposti soggettivi possibili quando due sfere
si collegano.
Le sfere sono dispose su tre pilastri: quello sinistro (con Binah in
alto), quello destro (con Chockmah in alto) e quello centrale (con
Kether in alto). Essi corrispondono ai tre canali energetici che,
secondo la mistica orientale, percorrono il corpo (quello intermedio è
la spina dorsale).
[Quando guardiamo l'Albero è come se stessimo guardando una persona
davanti a noi: il pilastro sinistro corrisponde alla parte destra del
corpo e viceversa.]
I tre pilastri dell’Albero della Vita corrispondono alle tre vie che
ogni essere umano ha davanti: l’Amore (destra), la Forza (sinistra) e la
Compassione (centro). Solo la via mediana, chiamata anche “via regale”,
ha in sé la capacità di unificare gli opposti. Senza il pilastro
centrale, l’Albero della Vita diventa quello della conoscenza del bene e
del male. I pilastri a destra e a sinistra rappresentano inoltre le due
polarità basilari di tutta la realtà: il maschile a destra e il
femminile a sinistra, dai quali sgorgano tutte le altre coppie d’opposti
presenti nella creazione.
Nella
Cabala, la sfera rappresenta la possibilità di legame tra due elementi.
La Terra (mondo in basso dei mortali) è collegata a una sfera celeste
attraverso un canale. Questo canale è il legame tra il mondo spirituale
(fonte di ogni elemento) e il mondo materiale (manifestazione).
L'Albero della Vita derivato dal Fiore della Vita.**
Attraverso
questo canale, c'è un legame perpetuo. Come l'anima è collegata al
corpo attraverso un canale, vi è chi dice che è un canapo d'argento che
provoca scambi tra l'anima e il corpo, esempi di scambi molto rari:
Yehida, essenza dell'anima, è il più alto scambio spirituale tra il
corpo e l'anima divina (fonte di tutte le anime) attraverso l'anima
monda, che utilizza il canale tra il mondo spirituale e il mondo
materiale come pure quello tra l'anima e il corpo; viene in seguito il
Rouah Hakodesh, vento di purezza che si manifesta attraverso una visione
profonda sullo stato spirituale e fisico di un'altra persona o del
mondo stesso, vale a dire la previsione degli eventi e come annullare i
cattivi decreti (Pidyone Nefesh), come pure la maniera di riparare; il
Rouah Shtout, vento di follia.
Ma
non bisogna prendere nulla in senso letterale, dunque non si deve
immaginare una sfera nel cielo. È soltanto un simbolo che favorisce
l'intelletto umano.
La creazione
Le 10 Sephiroth dell'Albero della Vita, da Keter a Malkhut,
corrispondono a dieci tappe che compongono ogni processo di creazione
cosciente.
Ain Soph Aur: in principio, c'è «qualcosa» d'increato, d'infinito e
di assolutamente indifferenziato. La cosa più semplice è di designare
questo stato con «nulla», intendendosi che è al tempo stesso un vuoto
assoluto (perché non contiene alcuna «cosa») e un principio saturo di
potenzialità. All'avvio della creazione, di questo «nulla» emerge
«qualcosa». Questa tappa primordiale è a volte designata con Tzimtzum:
l'increato in parte si ritira, relativizza il suo assoluto, perché la
creazione possa avere luogo. Il velo dell'esistenza è così superato.
Keter è il punto d'entrata attraverso il quale la creazione si
manifesta nel mondo, attraverso un'insufflazione permanente di
esistenza. In questa tappa, la creazione guadagna la sua capacità di
essere.
Khokhmah è la tappa in cui si acquisce l'impulso primordiale, il primum mobile,
che spinge la creatura nell'esistenza. La creazione guadagna qui la sua
forza fondamentale, il suo desiderio di divenire. Questa energia non è
orientata né strutturata in questo stadio. Il suo desiderio di
realizzarsi non può ancora compiersi, poiché essa non ha ancora per
realizzarlo un limite tra «sé» e «non-sé», e neanche tra «prima» e
«dopo»: è un'energia assoluta, ma ancora totalmente potenziale in questo
stadio.
Binah dà alla creazione la sua capacità di essere strutturata.
Ponendo la possibilità di un limite, Binah permette alla forza di
realizzarsi in «qualcosa» di manifesto e di attivo.
Daat corrisponde al superamento del secondo velo, quello
dell'individualità. Il principio fecondante maschile di Khokhmah si
unisce al principio femminile di Binah, per dare origine all'essere
manifestato.
Chessed rappresenta la vocazione particolare della creatura che si è
appena individualizzata. Questa forza individualizzata è il destino o
l'ispirazione visionaria che dà un senso e un'identità profonda a tutta
un'esistenza. In questo stadio, la creazione è dotata di un destino
individualizzato. Chessed è colui che permette all'essere di acquisire
la propria identità.
Ghevurah, sul pilastro della forma, rappresenta la qualità della
permanenza: ogni essere tende a conservarsi. Per compiere qualcosa,
occorre provocare cambiamento, e dunque far scomparire le forme che vi
si oppongono; per restare sé stesso nel tempo, occorre preservare la
propria identità profonda, e far scomparire ciò che la metterebbe in
pericolo. Il «chirurgo celeste» taglia ciò che è necessario sacrificare
per compiere il destino designato attraverso Chessed. Ghevurah è ciò che
permette all'essere di mantenere la propria identità.
Tiferet realizza un equilibrio tra queste due logiche di creazione e
distruzione, realizzandole fino al punto in cui è giusto e necessario. È
il punto in cui la volontà di creare qualcosa di specifico diventa
possibile. Tiferet è ciò che permette a un essere autonomo di essere
effettivamente creato, dopo aver acquisito la sua identità e la sua
capacità di conservarla.
La creazione supera in seguito il terzo velo del Paroketh: la sua storia può cominciare a svolgersi.
Nezach, sul pilastro della forza, è il luogo delle tendenze
fondamentali che strutturano l'attività di questa creatura: impulsi,
voglie, sentimenti, sorgenti di energie diverse e differenziate. La
comprensione di Nezach dà la chiave delle motivazioni dell'essere, di
ciò che lo fa muovere.
Hod, sul pilastro della forma, è il luogo delle spiegazioni, la
struttura di funzionamento, ciò che collega le cose le une alle altre. È
il dominio della logica e della descrizione astratta, distaccata. La
comprensione di Hod dà la chiave del funzionamento dell'essere, nella
maniera in cui può agire e reagire per realizzare il suo destino.
Yessod, sul pilastro della coscienza, è l'ultima tappa prima della
materializzazione. È il luogo dell'interfaccia tra la coscienza e il
reale. La comprensione di Yessod permette di comprendere come la
coscienza possa agire sul mondo reale (e inversamente, come il reale è
percepito dalla coscienza).
La creazione supera allora il terzo velo, quello dell'iniziazione, e può materializzarsi.
Malkhut è la maniera in cui la creazione è materializzata nel mondo;
la tappa finale del «verbo che si fa carne». È qui che la creazione
diventa oggettiva, tangibile e permanente.
La descrizione della creazione attraverso le dieci Sephiroth si può
applicare a qualsiasi creazione: realizzare un disegno, fare una
passeggiata... è un esercizio richiesto ai cabalisti principianti di
analizzare un'attività qualunque appoggiandosi a queste tappe.
La salita delle sfere
Nell'ordine inverso, le 10 Sephiroth dell'albero della Vita
corrispondono a dieci tappe di purificazione spirituale, che l'iniziato
percorre spiritualmente per passare dal mondo materiale all'unione con
Dio:
Malkhut corrisponde a ciò che è puramente materiale e oggettivo in
ciò che si sperimenta. La caratteristica del mondo materiale è di
resistere al cambiamento, di essere permanente e di esistere
indipendentemente da un osservatore.
Yessod è ciò che resta quando ci si libera della materia, e si
prende coscienza del carattere non oggettivo delle nostre percezioni.
Corrisponde all'esperienza del mondo come lo si immagina, in quanto è
percepito da un osservatore. È il dominio del cambiamento e
dell'apparenza.
Hod è ciò che resta quando ci si distacca dall'apparenza immediata
del fenomeno, è il mondo della logica e del pensiero astratto.
Corrisponde alla conoscenza, al ragionamento, alle spiegazioni.
Nezakh è ciò che resta quando si padroneggia e si elimina il
commento verbale e la sua logica. È il mondo dell'emozione e della
passione. È il dominio che fornisce la dinamica della nostra azione.
Tiferet è cio che resta quando si elimina la spinta passionale, e la
sua dinamica temporale. È il dominio della coscienza pura, ieratica. È
il luogo in cui la bellezza dell'essere può essere contemplata in sé,
perché esso si presenta integralmente, nell'eternità, con la sua logica
raggiunta. «Io sono bella, o mortale, come un sogno di pietra» ; «io
odio il movimento che separa le linee, e mai piango e mai rido.» Tiferet
permette di contemplare tutto il suo essere, ma questa sua prima
contemplazione fa prendere coscienza della sua imperfezione.
Ghevurah è ciò che si trova al di là della contemplazione
introspettiva. È il dominio in cui si manifesta la disciplina necessaria
a scartare ciò che è improprio, e mantenere l'essere nella sua purezza.
Chessed è ciò che resta quando si elimina il rigore intransigente
necessario a Ghevurah. È il mondo della compassione, là dove può essere
percepito il destino profondo dell'essere.
Binah è ciò che resta quando si può fare astrazione della
giustificazione di Chessed. Non resta altro che la coscienza profonda
della limitazione, di ciò che mette ostacoli, della separazione
fondamentale che è la coscienza individuale quando essa si oppone al
tutto.
Khokhmah è ciò che resta quando ogni differenziazione apportata da Binah è scomparsa: è l'azione pura.
Keter è l'ultima purificazione, quella in cui non sussiste altro che l'essenza in rapporto a sé stessa.
In questo esercizio, occorre vedere bene che tutto ciò che è al di là
di Nezakh è al di là della parole, dunque qualcosa d'indicibile, che
può essere provato ma difficilmente espresso se non in un modo poetico.
Allo stesso modo, stati che vanno al di là di Tiferet sono al di là
della coscienza personale: essi possono dunque essere sperimentati solo
attraverso i loro effetti sulla coscienza, ma non direttamente: il «dito
del destino» che è Ghevurah agisce solo in maniera anonima.
Concretamente, come si manifestano le Sephiroth nella vita di tutti i giorni? Secondo la Cabala, ciascuno ha in sé una percentuale di ogni
Sephiroth. Ci sono Sephiroth che si annullano tra loro come il Khokhmah e
il Binah e altri che si potenziano come il Ghevurah e il Keter. Questi
principi sono il fondamento stesso della psicologia e della condizione
umana.
Fatta questa premessa per spiegare cosa è l'albero della vita possiamo provare a leggere Pinocchio attraverso questo schema. Ho trovato in rete uno studio teatrale in cui viene proprio fatta una rilettura di Pinocchio in questo modo. Ho messo qui lo schema e ve lo propongo per intero potete leggerlo cliccandoci sopra.
IL LIBRO PINOCCHIO E I SUOI PERSONAGGI SULL'ALBERO
Ad ogni modo vorrei anche riportare la simbologia che ho scovato nella lettura di Pinocchio attraverso la Cabala (con la mia interpretazione personale quindi da prendere con le molle).
Ad esempio sempre prendendo l'albero come simbolo nella decima sfera chiamata Malkuth (regno) leggiamo che
Pianeta: Terra
Il giardino delle delizie
Corpo e sensazioni
Scopo: accrescere la consapevolezza e le connessioni sensoriali, e
realizzare l’importanza del corpo e delle manifestazioni fisiche
La sfera da cui si incomincia sempre l’esplorazione cabalistica.
Rappresenta il presente, il “qui & ora”, i sensi e il pianeta Terra,
e pertanto è associata agli animali vicini all’elemento terra (il cane e
il toro) e, nel regno vegetale, alla quercia (che rappresenta come
nessun’altra pianta la forza e la vicinanza al pianeta). E’
l’interfaccia tra la nostra esperienza interiore e ciò che accade
all’esterno. Significa “il regno” (cioè il risultato finale della
creazione: l’intero mondo fisico) ma viene anche chiamata “la porta” (i
sensi infatti sono la nostra porta sul mondo).
Detto anche “madre inferiore” (la madre superiore è Binah), “è esaltata
al di sopra di ogni capo e siede sul trono di Binah”. Riceve ed elabora
tutte le influenze, ed è il punto di ritorno verso la Sorgente.*
È attraverso Malkuth che si ha l’esperienza primaria del mondo: quando
si guarda, ascolta, odora, gusta o tocca. (Ciò inevitabilmente ci fa
produrre pensieri e sentimenti, che non c’entrano nulla con Malkuth, ma
sono espressioni rispettivamente di Hod e Netzach.)
Penso alla quercia di Pinocchio su cui viene impiccato e a Medoro, ma anche a Melampo...
Le 10 Sephiroth sono collegate fra di loro da 22 sentieri, associati alle lettere dell'alfabeto ebraico.Forse Pinocchio sceglie più o meno consapevolmente la: Via stabile (accrescere la solidità)
Unisce Geburah a Hod (5-8)
Arcano maggiore: Appeso
quando viene impiccato alla quercia...
Luisa Gianfelici-L'appeso-scratchboard su acetato-
"Non bisogna mai perdere la speranza.
E' il più grande errore che si possa commettere"(il grillo parlante)"
Nelle rappresentazioni moderne dei tarocchi , l'Appeso è un giovane che appare
capovolto, appeso per una caviglia al ramo di un albero o allo stipite
superiore di una cornice. Ha una gamba piegata dietro l'altra e i polsi
dietro la schiena, presumibilmente legati, poiché la posizione nel complesso è associata a un supplizio pubblico. Nei mazzi più antichi, in cui l'arcano si chiama "Il Traditore",
l'appeso tiene in mano due sacchetti di monete talvolta stilizzati in
semplici sfere, a rappresentare il prezzo del suo tradimento.(Non vi ricorda Giuda?)
Sebbene la carta descriva un supplizio, il giovane appeso viene
tradizionalmente raffigurato con un volto sereno, in preda all'estasi
più che al dolore o all'umiliazione. In alcuni casi, come nel caso dei
tarocchi Rider-Waite, ha anche il volto contornato da una aureola.
A questi elementi, oltre che alla intrinseca ambiguità grafica della
carta (che si presta a essere osservata capovolta) si riconducono molti
dei significati simbolici associati all'Appeso in cartomanzia,
che lo associano all'accettazione, all'armonia interiore o alla
capacità di trascendere le convenzioni e osservare il mondo da un punto
di vista più spirituale.La carta dell'appeso è l'immagine che chiude la storia dell'Orlando pazzo per amore nel libro di Calvino Il Castello dei destini incrociati.Orlando, il paladino impazzito e già rappresentato dal Matto,
viene legato a testa in giù e, recuperato il senno, afferma:
«Lasciatemi così. Ho fatto tutto il giro e ho capito. Il mondo si legge
anche all'incontrario. Tutto è chiaro».
Significato nei tarocchi è cambiare prospettiva
Un uomo si è sottoposto volontariamente a un
processo di iniziazione da cui emergerà trasformato. Attraverso il
sacrificio di sé e il dolore emergerà un nuovo individuo. In questo
momento il suo corpo è immobilizzato, e deve accettare tutto ciò che
l'universo gli porta: freddo, pioggia, sofferenza.
Attraverso
l'accettazione egli giungerà a un rinnovamento totale del proprio
essere. Anche se non può agire all'esterno per il momento, il suo
spirito è libero di lavorare all'interno, su di sé, nel profondo della
sua anima.
da notare che nell'episodio che precede l'impiccaggione Pinocchio mette i denari in bocca, altra simbologia legata al passaggio in un'altra dimensione.
Ma la simbologia dell'essere impiccato mi ricorda anche la croce e il calvario, la morte e la resurrezione...
un'altra sfera che invece associo all'incotro con Mangiafuoco è 4 Chesed (misericordia)
Pianeta: Giove
Il tempio dell’amore. L’archetipo dell’amore e della consapevolezza.
Amore
Scopo: realizzare l’importanza basilare dell’interrelazione con Geburah nell’espressione dell’energia dell’anima sulla Terra
Raffigurata con un quadrato in cui risiede un re barbuto seduto sul suo
trono, rappresenta l’organizzazione e la conservazione protettiva
(l’aspetto “paterno” di Dio) – e attività quali la tutela ambientale,
polizia, protezione civile, ecc.*
Castellani Andrea - Dancing Pinocchio
Pinocchio è una marionetta (ovvero un pupazzo di legno che si manovra con i fili) e non un burattino (che invece viene manovrato da sotto infilandovi la mano dentro). Nel libro però è chiamato, impropriamente, burattino,
da qui l'equivoco. Per una caratteristica singolare, il pezzo di legno
da cui è ricavato è animato, per cui Pinocchio, rimanendo pur sempre un
semplice pupazzo di legno, si muove da solo, cammina, parla, mangia... Anche qui possiamo trovare un collegamento con il filo (sempre o quasi presente nelle favole), del filo del destino parleremo più approfonditamente in un altro post, certo è che Pinocchio ha il suo bel da fare per non farsi manovrare come una marionetta e in questo forse sta anche un tema centrale della sua storia vista a livello iniziatico, il suo percorso che non segue la strada e i consigli che le figure di riferimento gli impartiscono diventa appunto piacresco e pieno di avventure in un travaglio di vicissitudini sia a livello pratico che interiore. Pinocchio sceglie la strada della conoscenza tramite esperienza diretta, sceglie il suo mondo che come ci ricorda Sri Nisargadatta Maharajè la via più difficile.
"...ma se aspiri a un
modo solo tuo devi procacciartelo nel modo più duro."
Se poi prendessimo in esami tutti gli animali che compaiono nella storia nonchè le trasformazioni zoomorfe, non saprei più terminare...ma vediamone giusto qualcuna in cui lascerò parlare le immagini bellissime dei vari illustratori moderni che si sono cimentati con Pinocchio e la corrispondente simbologia dell'animale che rappresenta. Cominciamo da un passo cruciale.
Quando Pinocchio si trova a letto grazie alla Fata Turchina che manda un falco a liberarlo e tirarlo giù dalla quercia, al suo capezzale troviamo i tre medici:un Corvo, una Civetta
e un Grillo-parlante.
illustrazione di Manon Gauthier
Il Falco è il simbolo del messaggero (in analogia con Hermes,
della mitologia greca), ti mette in connessione con i messaggi dallo
Spirito. Il Falco sviluppa l'acutezza mentale. La Medicina del Falco è
piena di responsabilità perché invita a ricercare una visione globale
delle cose. Ti insegna anche il controllo di velocità e movimento,
mostra come riconoscere le opportunità e agirle al momento opportuno.
illustrazione "Pinocchio e picchi" di Luisella Meloni
CORVO Il simbolismo degli uccelli
gracidanti è legato alla guerra, la morte e la profezia,
spesso infatti accompagnano le Divinità femminili legate a queste caratteristiche.Il Corvo è connesso alla magia e al potere sciamanico,attiva le energie magiche e le lega all forza di volontà. Mostra come andare nell'oscurità interiore e tirare fuori la luce del tuo vero io, risolvendo conflitti a lungo nascosti. E' il potere più profondo di guarigione.
illustrazione di TIZIANA LONGO
"Corvo — A
mio credere il burattino è bell’e morto: ma se per disgrazia non fosse morto,
allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo!"
" Mi
dispiace — disse la Civetta — di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico
e collega: per me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non
fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero."
Illustrazione di Di Vaio Raffaella
CIVETTA
I grandi occhi della civetta sono un
simbolo della grande Madre, è simbolo di saggezza e protezione. Se la Civetta ti protegge è quasi
impossibile tenerti nascosto qualcosa, giacché sarai in grado di
percepire anche i pensieri occultati. Può aiutare a riconoscere la
verità e a interpretare le indicazioni del destino. Lo sguardo acuto
della Civetta penetra il buio e vede la luce al di là delle tenebre.
PINOCCHIO FUTURISTA DI MICHELE BRASCHI
GRILLOUno dei grilli più amati è il cosiddetto grillo del focolare. Ad esso
veniva riservato un trattamento di riguardo, perché si credeva fosse una
sorta di genio tutelare della casa. Vederlo era di buon auspicio, e mai
nessuno si sarebbe sognato di scacciarlo o di disturbarlo. Tale
considerazione pare derivare dalla credenza che nei grilli di casa
s’incarnino le anime dei morti, tornate nella propria dimora per far
visita ai congiunti.
Il grillo dunque pare essere ben più della coscienza che si vuol mettere a tacere e anche qui il monello toscanaccio se lo sogna eccome di disturbarlo...anzi sappiamo bene che fine fa.
Grillo Parlante : Fai una fischiatina e la coscienza al fianco tuo sarà ....
"VIENI QUI COSCIENZA" Illustrazione di Coppola Manuelita
"Ricordati che i ragazzi che vogliono fare di loro capriccio e a modo
loro, prima o poi se ne pentono. (Il grillo parlante nel Capitolo 13)"
Il Coniglio ti aiuta a superare le paure e a coltivare la fiducia nelle tue capacità, ti insegna anche ad evitare pensieri e previsioni negative di malattie o altre disgrazie per evitare di attrarle. E' un simbolo che indica la necessità di confrontarsi con le proprie paure al fine di sostenere la creazione della prosperità e della fecondità a tutti i livelli della vita. Forse i tuoi progetti procederanno a balzi ma andranno bene.
Eugenio Taccini
"Io dico che il medico prudente quando non sa quello che dice,
la
miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto.
(Il grillo
parlante nel Capitolo 16)"
La Chiocciola insegna a proteggere il nostro ambiente e le nostre emozioni. E' necessario per te imparare a bilanciare la fiducia e l'apertura verso gli altri, con un sano senso di protezione. Forse è necessario fare attenzione all'ambiente che ti circonda, pur mantenendo una certa vigilanza; comprendi bene a chi e quando dare fiducia. La Chiocciola insegna a percepire e proteggere il Bambino Interiore. La Chiocciola evoca il lento percorso spirituale, infatti il processo di iniziazione esige tempo e pazienza. L’iniziato, nel suo cammino deve muoversi con prudenza, con
pazienza, economizzando le sue forze: tutte qualità che ritroviamo nella
Chiocciola. Il guscio o conchiglia della Chiocciola
rappresenta il contenente, il ricettacolo, per analogia la matrice, che
esprime la fecondità, la gestazione. La forma a spirale della sua
conchiglia esprime l’evoluzione ascensione, indicando il moto universale
di aspirazione verso l’alto. Una credenza popolare vuole che la Chiocciola
sia un indovina e conoscesse il futuro; come tale sia l’incarnazione
della saggezza della precognizione e dell’intelligenza intuitiva.
La lumaca di Pinocchio di Nofri Patrizia
"Dimostrati: bravo, coraggioso, disinteressato e un giorno sarai un bambino vero!"
(la Fata turchina a Pinocchio)
Il ciuchino di Debora Ballario
La simbologia dell’Asino è svariata e da luogo a interpretazioni discordanti. L’Asino partecipa delle due nozioni, pur contraddittorie, di sapere e ignoranza. L’Asino compare in varie mitologie. Nella mitologia egiziana, l’Asino
animale sacro a Seth (assassinio di Osiride) è simbolo ctonio (che
abita nel regno degli inferi, in particolare riferimento alle divinità) e
malvagio. Mentre per i popoli indoeuropei è simbolo di regalità e
saggezza, in special modo per gli Ittiti. Cavalcatura di entità celesti,
di principi e di eroi in India e Cina, in tale veste il ruolo dell’Asino
emigrò dal mondo asiatico a quello greco e a tutto il bacino del
mediterraneo. Infatti nella mitologia greca era collegato a Sileno, il
precettore di Dioniso, sempre rappresentato a cavallo di un Asino. Nella tradizione persiana l’Asino giusto protegge l’Albero di tutte le semenze.
a sinistra : acrilico su tela di Daria Palotti in basso:"Pinocchio ciuchino"illustrazione ad acquerello di Nicole Banzato
"Ricordati che i ragazzi che vogliono fare di loro capriccio e a modo
loro, prima o poi se ne pentono. (Il grillo parlante nel Capitolo 13)" SERPENTE - Trasmutazione, Iniziazione, Morte e Rinascita
Il Serpente rappresenta il ciclo di vita, morte e rinascita, grazie al processo della muta della pelle. Simboleggia la trasformazione, la guarigione e il potere della Vita, la medicina della trasmutazione. A livello fisico è passione e sessualità, a livello spirituale è il Fuoco Sacro della Conoscenza del Sé. E' tempo per te di iniziare un processo di mutamento, al fine di poter progredire verso una maggiore autenticità.
Pinocchio e il serpente di Cecco Mariniello
La Volpe ti insegna il mimetismo e ad essere molto attento e veloce, pronto ad agire in ogni momento. La sua forza risiede principalmente nella furbizia; impara a fonderti con il tuo ambiente, rimani in silenzio nello sfondo, potrai così muoverti in ogni tipo di situazione senza dare nell'occhio e saprai il momento giusto per agire. Nel cristianesimo il furto d'uva è considerato un peccato mortale, e perciò la volpe è stata associata all'eresia. La volpe incarna anche l'arroganza, il peccato, l'ingiustizia, l'avidità e la lussuria.
Quest’animale è in grado di fingersi morto, per attirare la preda nella trappola; è associato a Satana.
ILLUSTRAZIONI a sinistra : Il gatto e la volpe di Sighinolfi Laura in basso: "Il fascino dell'innocenza " di Makea Wish
Il Gattoracchiude in se il lato
istintivo della Natura, è un animale libero e indipendente. Perciò è un
essere privilegiato per il suo lato criptico e segreto. Lo compresero
gli Egizi che fecero del Gatto una divinità che siede nell’Olimpo degli dei. L’origine del Gatto risale al periodo terziario, circa 50 milioni di anni fa, discendente del Felis sylvestris libica, il Gatto africano. Ed è proprio in Africa nell’antico Egitto che si è istaurato il sottile legame esoterico tra l’uomo e il Gatto. Nell’antico Egitto il Gatto
era considerato la manifestazione terrena di Bastet, la dea della
salute e divinità protettrice della fertilità, della maternità e delle
gioie terrene (danza, musica e sessualità), rappresentata con il corpo
di donna e la testa di Gatto.
Infatti dalle immagini dipinte o scolpite nelle raffigurazioni di tombe e
templi è possibile vedere come la dea Bastet era considerata: dea del
canto e della danza, della prolificità degli uomini e degli animali,
protettrice della maturazione delle messi e dei frutti e dea dell'amore.
Nella sua mano sinistra, spesso veniva raffigurato un amuleto sacro a
forma di occhio di Gatto,
l'utchat, che aveva poteri magici. Questo amuleto veniva riprodotto
nelle decorazioni delle case, dove proteggeva da furti, malattie ed
incidenti, nei templi e nei gioielli. Tenuto al collo proteggeva i
viaggiatori e regalato agli sposi era auspicio di molti figli. Il Gatto era venerato come un essere sacro, chi uccideva questo animale era punibile con la morte.
"Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. - Per il solito, o sono matti o imbroglioni! "(Il grillo parlante nel Capitolo 13)
a sinistra illustrazione -di-Massimiliano-Frezzato
Quando un Gatto
passava a miglior vita veniva imbalsamato e la sua tomba era posta in
un necropoli destinata esclusivamente a questo animale. Il Gatto è un essere lunare, è l’umido, il femminile, la terra, il notturno, contrapposto al maschile, a tutto ciò che è solare. Il Gatto
è ritenuto un animale empatico per le sue capacità sensitive tra le
quali quella di captare le energie negative dell’ambiente e di
catalizzarle su di sé, per questo motivo viene considerato terapeutico
per l’uomo. Il Gatto conosce
istintivamente i segreti del benessere e dell’armonia, infatti i monaci
zen ritenevano che era in grado di “mostrare la Via”. Gran parte delle
sue eccezionali qualità dipendono dai sensi. Un udito superfino, un
olfatto prodigioso, una vista che funziona anche al buio, sono
“strumenti” talmente sofisticati da permettere al Gatto di “vedere” una realtà molto più ampia di quella che è alla nostra portata. Per questa ragione in passato il Gatto
era considerato un essere soprannaturale e c’era chi lo venerava come
un dio, come gli antichi egizi, e chi invece lo riteneva diabolico e
infernale come accadeva nel Medioevo.
Da notare come il nostro gatto fosse invece orbo da un occhio...
Un legame simbolico molto stretto unisce ilCane
alla morte, in molte tradizioni antiche: sia nella sua funzione di
guardiano delle porte dell’ade, sia come animale psicopompo, nella sua
funzione di guida che accompagna i morti nell’aldilà. In Egitto, Anubi
il dio dei morti, è rappresentato con una testa di Cane o di sciacallo. Garm, Cane mostruoso, della tradizione germano-scandinava, è il guardiano del regno dei morti.
Per i Celti questo animale era visto come un essere appartenente a due mondi: quello umano e quello spirituale. E' simbolo di protezione della comunità umana dei vivente, ma anche dei defunti, essendo il guardiano del regno dei morti, animale caro alla Dea, come guardiano del suo regno e dei suoi misteri. Il cane ha anche funzioni di guaritore, ed è quindi associato alle acqua curative e al potere di guarigione.
Illustrazione di Rosaria Battiloro
Nel Fisiologo greco si dice che c'è
un mostro nel mare detto balena: ha due nature. La sua prima natura è
questa: quando ha fame, apre la bocca, e dalla sua bocca esce ogni profumo
di aromi, e lo sentono i pesci piccoli e accorrono a sciami nella sua bocca,
ed essa li inghiotte. Così anche il demonio e gli eretici, con la seduzione
e l'inganno, che sembra essere un soave profumo, adescano i piccoli e coloro
che non hanno il senno adulto. L'altra natura del mostro: esso è di
proporzioni enormi, simile a un'isola; ignorandolo, i naviganti legano ad
esso le loro navi, come in un'isola, e vi piantano le ancore e gli arpioni;
quindi vi fanno fuoco sopra per cuocersi qualcosa: ma non appena esso sente
caldo, s'immerge negli abissi marini e vi trascina le navi. Anche l'uomo,
se si tiene sospeso alla speranza del demonio, questi lo trascina con sé
nel fuoco eterno. La balena non compare nel Bestiario latino.
Nel Bestiario d'amore è riportata la
seconda natura della balena per concludere così: "Per questo io dico
che ci si deve fidare meno di ciò che al mondo sembra piú sicuro.
Cosí accade alla maggior parte delle donne che si fanno un amico. Vi
è chi dice di morire d'amore mentre non sente né male né
dolore; uomini simili ingannano le donne sincere".
L'immagine della balena/isola si diffonde
anche in ambito agiografico o della più tarda arte dell'incisione.
illustrazione di Carmen Arvizu (Messico)
La Balena è un grande mammifero
marino. Per la sua forma rotonda, l’immensità della sua bocca e la sua
natura pacifica, partecipa del significato di matrice (nella
terminologia esoterica la matrice simboleggia un luogo originale e sacro
da dove ha inizio la vita; essa forma un universo chiuso e protetto,
sede simbolica della fusione prima della sua distruzione con la nascita
del mondo). Quindi la Balena entra nell’universo simbolico come agente trascendente e vettore di iniziazione.
acrilico 25x30 di Chiara Giorgiutti "Incredibilmente Pinocchio"
"Vi sono le bugie che hanno le gambe corte, e le bugie che hanno il naso lungo:
la tua per l'appunto è di quelle che hanno il naso lungo."
(La fata nel Capitolo 17)
illustrazione di Tim Coffey
"La miseria, quando è miseria davvero, la intendono tutti: anche i ragazzi." (Il narratore nel capitolo 8)
illustrazione d Massimiliano Frezzato
Nicoletta Ceccoli
"Tentazioni: cose errate che paiono giuste dapprima. Ma... ehm... per quanto ciò che giusto può sembrare errato a volte, ehm... accade che cose sbagliate, ehm... siano giuste a tempo debito o... ehm... viceversa. "
(Grillo parlante)
"PINOCCHIO E IL SUO TEMPERAMENTO" (titolo dell'illustrazone a chine e matite di Silvia Lonati)
Aspirazioni future: « – Fra tutti i mestieri del mondo non ce n’è che uno solo, che veramente mi vada a genio. - E questo mestiere sarebbe?… - Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo. »
illustrazione di Marta Morelli
"In questo mondo, quando si può, bisogna mostrarsi cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno."
(Il grillo parlante nel Capitolo 36)
Sarolta Szulyovszky-Sogno di libertà-acrilico 30x40
Chi ha fatto il miracolo?(Gianni Rodari)
Qui per poco ancora dura di Pinocchio l'avventura, che dormendo sogna e sente sussurrare dolcemente: "La tua testa fu più forte d'ogni colpo della sorte, c'è un buon cuore nel tuo legno: d'esser uomo ormai sei degno". Dal bel sogno il sole in festa coi suoi raggi lo ridesta. Ma chi balza dal lettino del nasuto burattino? "Guarda, guarda, non c'è più il mio naso a punta insù: se lo specchio mi è sincero son di carne, sono vero!". Nella tasca del vestito un tesoro chi ha cucito? (certi sarti stanno, o gente, nelle fiabe solamente...) In tinello ecco Geppetto: è guarito il buon vecchietto e abbracciando il suo figliolo torna a fare il legnaiolo. "Della Fata fu un portento!", dice il bimbo, arcicontento. Ma di fate, ben si sa, c'è oggigiorno scarsità: il portento - aprite l'occhio - l'ha operato il buon Pinocchio... Tanto errò, soffrì, imparò, che un vero uomo diventò.
« E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi »
(Vangelo secondo Giovanni 1, 14)
"THE END" fotografiadiMonsini Stefania
NOTE e APPRFONDIMENTI
*
In ebraico Qabbaláh (ebr. קבלה)
è l'atto di ricevere, la tradizione (la parola ebraica designa anche la
ricevuta, ad esempio in una transazione commerciale, e la funzione di
ingresso del sabato, la maggiore festa ebraica); secondo questi insegnamenti essa rappresenta il livello più elevato e profondo dell'ebreo poi manifesto nel metodo d'interpretazione esegetica ebraica della Torah definito in ebraico Sod, segreto. La Cabala, secondo i suoi cultori, venne trasmessa da Dio anche ad Adamo e ad Abramo.La cabala ebraica non va confusa con la cabala o le cabale di tradizione occidentale, anche se queste sono ad essa direttamente ispirate.Aleister Crowley, considerato uno dei fondatori del moderno occultismo, diede la seguente definizione di Cabala:
« La Cabala è:
Un linguaggio atto a descrivere certe categorie di fenomeni, e a
esprimere certi tipi di idee che sfuggono alla normale fraseologia. Puoi
paragonarla alla terminologia scientifica della chimica.
Una terminologia multiforme ed elastica mediante la quale è
possibile mettere a confronto processi mentali che appaiono diversi a
causa delle costrizioni imposte dalle peculiarità delle varie
espressioni letterarie. Puoi paragonarla a un lessico, o ad un trattato
di religione comparata.
Un simbolismo che consente a chi pensa di formulare le proprie idee
con assoluta precisione, e uno strumento per interpretare simboli il cui
significato è divenuto oscuro, è stato dimenticato, o è mal compreso,
stabilendo le necessarie connessioni fra l'essenza delle forme, i suoni,
le idee semplici (come i numeri) ed i loro equivalenti spirituali,
morali o intellettuali. Puoi paragonarla alla interpretazione delle arti
antiche mediante considerazioni estetiche determinate da fatti
fisiologici.
Un sistema di classificazione di idee multiformi che rende in grado
la mente di aumentare il suo vocabolario di pensieri e di fatti mediante
la loro organizzazione e correlazione. Puoi paragonarla alla tavola pitagorica.
Un sistema per procedere dal noto all'ignoto mediante principi simili a quelli della matematica. Puoi paragonarla all'uso della radice quadrata di meno uno, o del numero « e », eccetera.
Un criterio sistematico mediante il quale l'esattezza delle
corrispondenze può essere verificata grazie all'esame delle scoperte
nuove alla luce della loro coerenza con l'intero corpo della dottrina.
Puoi paragonarla all'esame del carattere e della posizione di un
individuo in base alle convenzioni educative e sociali. »
L'interesse odierno per la Cabala è causato dai suoi sottili riferimenti psicologici che, secondo gli appassionati, ne fanno un ottimo strumento di riflessione e indagine dell'animo umano, addirittura paragonato per potenza alla mitologia greca.
**Il fiore della vita (anche: rosa dei pastori, rosa carolingia, rosa celtica, stella fiore, stella rosetta, fiore a sei petali, fiore delle Alpi) è una figura geometrica composta da cerchi multipli sovrapposti e composti in una simmetria esagonale, a formare una figura simile ad un fiore. Il centro di ogni cerchio è posto sulla circonferenza di sei cerchi sovrapposti dello stesso diametro.
Nella decorazione architettonica e plastica è nota la presenza di
questa figura simbolica in molte parti del mondo, ed in area Italica sin
dall'VIII secolo a.C.; successivamente ha avuto larga diffusione dal Medioevo fino ai giorni nostri. Molte credenze spirituali sono associate al simbolo del fiore della vita, che è considerato un simbolo di geometria sacra.
Secondo alcuni, è la rappresentazione del fiore primaverile del narciso o giunchiglia. Questo fiore spunta dai pascoli alpini solo a primavera ad annunciare la buona stagione solare: per questo motivo è diventato già dalla preistoria dell'uomo simbolo di rinascita, rigenerazione, gioia e speranza. È un simbolo direttamente collegato ai primitivi culti del sole
Per questo motivo il simbolo lo troviamo spesso accompagnato alle
figure del toro e del serpente. È proprio per la sacralità ed il valore
che ha questo fiore che da millenni le popolazioni alpine vanno a
raccogliere le giunchiglie. Vedasi per esempio la festa delle Giunchiglie di Logarghena nel Parco nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano.
E sempre per questo motivo il suo profilo è inciso nelle case e nei
mobili alpini. L'ampia diffusione mondiale è dovuta al fenomeno della
internalizzazione dei simboli che ci arrivano dalla preistoria. Adottato poi dalla Chiesa, in epoca medievale, quale simbolo di risurrezione. Chiamato anche "Sole delle Alpi" appunto per l'ampia diffusione in tutto l'Arco Alpino.Leonardo da Vinci studiò la figura del fiore della vita e le sue proprietà matematiche. Leonardo disegnò figure geometriche quali i solidi platonici, la sfera, e un toro, oltre alla sezione aurea, ognuno dei quali può essere derivato dal modello del Fiore della Vita.
***
Il carisma specifico del fondatore dell'ordine degli Scolopi consiste nel formare e istruire i
fanciulli e i giovani, specialmente quelli poveri e abbandonati, fin dai
primi elementi della cultura e, in primo luogo, insegnare loro la pietà
e la dottrina cristiana ( Pietas et Litterae). Gli scolopi tendono alla "perfezione della carità" non tanto mediante la consacrazione (i voti di povertà, obbedienza e castità)
ma con il dedicarsi all'insegnamento (gli scolopi si impegnano mediante
un quarto voto a dedicarsi all'educazione della gioventù).Sono particolarmente sentite la devozione eucaristica (sia i
religiosi che gli studenti dedicano parte del loro tempo all'adorazione
eucaristica) e quella a Maria, madre di Dio (le preghiere comuni vengono fatte terminare con l'invocazione Sub tuum praesidium). Lo stemma dell'ordine reca il monogramma coronato di Maria e le lettere greche MP e ΘY, abbreviazioni per μήτηρ θεοῦ (madre di dio)
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Sri Nisargadatta Maharaj, al secolo Maruti Kampli
(Bombay, 17 aprile, 1897-8 settembre 1981) è stato un maestro spirituale
indiano. Illetterato, crebbe nella suburra di Bombay, dove aprì un
piccolo negozio di tabacchi che ebbe una discreta fortuna. Quando aveva
da poco varcato i trentanni, conobbe Sri Siddharameshwar Maharaj (da cui
prese il cognome). Sotto la sua guida intraprese una disciplina che gli
fece provare esplosive esperienze mistiche.
Alcuni libri: “Io sono Quello”, “Alla sorgente dell’Essere”, “Nessuno nasce, nessuno muore”.
Un estratto del suo pensiero:
“Quando
non chiedi niente né al mondo né a Dio, quando non vuoi nulla, non
cerchi nulla, non attendi nulla, allora lo Stato Supremo verrà da te
inaspettatamente, senza che tu l’abbia invitato! Il desiderio di verità
è il migliore fra tutti, ma è pur sempre un desiderio. Tutti i desideri
devono essere abbandonati perché la Realtà affiori. Ricordati che tu
sei.
Ecco il tuo capitale con cui puoi lavorare. Fallo
circolare e ne trarrai notevole profitto. Quando incontri il dolore, la
sofferenza, stai lì, non andartene. Non precipitarti ad agire. Non sono
né il sapere né l’azione che possono veramente aiutare. Stai insieme al
dolore e metti a nudo le sue radici. Il mondo è appeso al filo della
coscienza: se non c’è la coscienza non c’è nemmeno il mondo. Quando ti
rendi conto che il mondo è una tua proiezione, sei libero dal mondo.
L’uomo
realizzato sa quello che gli altri conoscono per sentito dire, ma non
hanno mai sperimentato direttamente. Ogni cosa esiste nella mente; anche
il corpo è l’insieme di un’infinità di percezioni sensoriali che si
integrano nella mente, e ogni percezione è uno stato mentale…Sia la
mente che il corpo sono stati intermittenti. Il sommarsi di questi
momenti di percezione crea l’illusione dell’esistenza. La mente non può
sapere quello che c’è aldilà della mente, ma quello che sta aldilà
della mente conosce la mente.
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Con il termine ceppo s'intendono cose diverse, tutte però collegate
al blocco di legno che è il significato originario del termine.
Ceppo
per antonomasia è il ciocco di legno, specificamente la parte basale
dell'albero abbattuto, che si usava mettere ritualmente a bruciare nel
camino per la notte di Natale.
Ceppo è la festa di Natale,
indicata con questo nome in Toscana e anche altrove. Deriva dall'uso di
bruciare il ceppo nel camino.
Ceppo è il nome del dono, del regalo
o omaggio che si fa, in particolare ai bambini, ma in genere a parenti,
amici o conoscenti in occasione del Natale.
Il ceppo era anche un
tronco scavato, richiuso, lasciando una fessura dalla quale si
infilavano le monete. Si poneva in un luogo per raccogliere fondi a fini
di beneficenza: ospedali, ospizi, orfanotrofi, riscatto degli schiavi.
http://www.rangers.it/empoli/pinocchioaempoli.htm
http://www.toscanaoggi.it/Cultura-Societa/Natale-la-tradizione-del-Ceppo ILLUSTRAZIONE DI COPERTINA DI ROSARIA BATTILORO